Nella primavera del 1972 Mike Appel, primo manager di Springsteen, decise di puntare in alto contattando Clive Davis, presidente della principale casa discografica di New York, la Columbia Records.
Poiché Davis era indisponibile, chiamò John Hammond, considerato il più importante talent scout dell’industria discografica, colui che aveva scoperto Bob Dylan e in precedenza aveva ingaggiato per la Columbia artisti del calibro di Billie Holiday, Count Basie, Pete Seeger e ancor prima Bessie Smith e Benny Goodman. L’insistenza di Appel fu tale che alla fine riuscì ad ottenere un appuntamento con Hammond per il 2 maggio. In un’intervista del 1998 con la rivista MOJO , Springsteen ricorda così quell’incontro decisivo: “E ‘stato un grande, grande giorno per me … avevo 22 anni e […] entrai nel suo ufficio per fare il provino … suonai un paio di canzoni e [Hammond ] disse : ‘Devi essere nella Columbia Records’. Sapevo molto di John Hammond , il lavoro che aveva fatto, la gente che aveva scoperto, la sua importanza nei circuiti musicali, ed è stato molto emozionante sapere che mi stava dedicando il suo tempo . Non importava quello che sarebbe successo dopo, fosse stato anche solo per quella sera, il suo tempo in quel momento era dedicato a me. Ciò significava molto per me. Era molto incoraggiante, semplicemente stare in quella stanza con lui è stata una delle mie più grandi esperienze di registrazione”.
Il provino di Springsteen, che si esibì accompagnato solo dalla sua chitarra acustica, iniziò la mattina intorno alle 10:30 al piano di sopra nell’ufficio di Hammond A & R dipartimento alla Columbia Records, e durò 30-40 minuti. Bruce attaccò con “It’s Hard To Be a Saint in the City”, colpendo fin dalle prime note Hammond che come ammetterà più tardi, si accorse “subito che era un poeta nato”. Bruce eseguì qualche altro pezzo “Growin’ Up”, “Mary Queen of Arkansas” e “If I Were the Priest” . L’entusiasmo di Hammond a quel punto non era più contenibile e prenotò immediatamente in prima serata uno spazio al Gaslight AuGoGo del Greenwich Village, lo stesso palco che dieci anni prima aveva visto il lancio di Dylan, per verificare come Bruce se la cavasse di fronte al pubblico. Ovviamente la sua esibizione fu più che convincente, tanto da fissare il pomeriggio del giorno successivo, il 3 maggio, nella sede della CBS, la registrazione di una demo con le seguenti tracce:
1) Mary Queen Of Arkansas (take 1) (4:34)
2) It’s Hard To Be A Saint In The City (take 1) (3:10)
3) Jazz Musician (take 2) (5:41)
4) If I Were The Priest (5:29)
5) Arabian Night (take one) (5:29)
6) Growin’ Up (take 2) (2:55)
7) Does This Bus Stop At 82nd Street? (2:11)
8) Two Hearts In True Waltz Time (3:57)
9) Street Queen (take one) (4:06)
10) The Angel (3:57)
11) Southern Son (take 1) (4:10)
12) Cowboys Of The Sea (take 1) (4:53)
La demo – contenente alcuni pezzi che verranno poi ufficialmente pubblicati nell’album di debutto di Springsteen, “Greetings from Asbury Park, N.J.” rilasciato nel 1973, e altri ripescati per il quadruplo “Tracks” nel 1998 e “18 Tracks” dell’anno successivo – una volta fatta ascoltare a Clive Davis, il presidente della società, gli varrà il contratto con la Columbia firmato il 9 giugno 1972. In realtà, si tratterà di un accordo tra la CBS Records e la Laurel Canyon Productions, la società di Appel, cui Springsteen (per errore, eccesso di fiducia e inesperienza) aveva di fatto concesso il controllo completo della sua carriera, i diritti sulle canzoni e sulle registrazioni, in pratica la maggior parte degli ipotetici ricavi ottenibili dalla produzione dei dischi e dei concerti….questione che si risolverà, dopo una lunga battaglia legale, con la rottura del rapporto lavorativo e artistico tra Bruce e Mike Appel.