“(I CAN’T GET NO) SATISFACTION” DEI ROLLING STONES COMPIE 55 ANNI!
Le grandi canzoni appartengono alla Storia ma alcune sono nel tempo divenute addirittura leggendarie. E’ il caso di “(I Can’t Get No) Satisfaction” dei Rolling Stones che, a distanza di 55 anni, rimane una delle canzoni la più famosa degli Stones e una delle più importanti e influenti nella storia della musica rock, tanto che la rivista Rolling Stones l’ha messa al secondo posto nella “Lista delle 500 migliori canzoni” e VH1 in vetta alla classifica delle “100 più grandi canzoni Rock & Roll”più popolari di tutti i tempi. E dietro quei pochissimi accordi su cui si è eretto uno dei muri portanti del nuovo rock che stava nascendo in Europa, si cela una singolare e divertente storia. Era il 6 giugno 1965 quando i Rolling Stones pubblicarono il singolo negli Stati Uniti che arrivò a tempi di record in vetta a tutte le classifiche. La band aveva già avuto due hit nella Top 10 – “Time Is On My Side” e “The Last Time” – ma puntava a un singolo che confermasse la loro leadership nei ranghi della British Invasion. Il 6 maggio 1965 i Rolling Stones erano in concerto al Jack Russell Stadium di Clearwater, in Florida, per la data di esordio del loro tour negli Stati Uniti. L’esibizione tuttavia venne interrotta a causa di intemperanze di una frangia di esagitati e la band fu riaccompagnata rapidamente al Jack Tar Harrison Hotel. Turbato da quanto era successo, Keith Richards quella notte non riusciva a prendere sonno. Così si alzò, al buio e non del tutto sobrio, afferrò la chitarra e il suo registratore portatile, schiacciò il pulsante play e registrò per una durata di circa 2 minuti un riff di otto note, ripetendo con voce assonnata “I can’t get no satisfaction”. Poi, si rimise a dormire mentre il nastro, che ancora girava, registrò per i successivi quaranta minuti nient’altro che il suo sonoro russare. Dopo neanche tre settimane, negli studi della Chess Records, a Chicago, quel riff salvato nel dormiveglia diventò “(I Can’t Get No) Satisfaction” ed entrò immediatamente nella storia. Keith non si rese subito conto che il suo riff era esattamente quello che stavano cercando gli Stones: “Non lo ritenevo abbastanza orecchiabbile per poterne estrarre un singolo”, confessò a Philip Norman, autore del bestseller “Sympathy For The Devil”. In effetti, il bassista degli Stones, Bill Wyman, in seguito avrebbe confermato che Richards l’aveva concepito “come canzone folk, considerandolo semplicemente una buona traccia da inserire nell’album successivo”. “Credo che Keith ritenesse quel riff un po’ troppo banale”, racconterà in seguito anche Mick Jagger. “Forse non lo aveva ascoltato con la giusta attenzione, per lui era semplicemente uno stupido riff”. Ma Jagger non perse tempo a scrivere le parole per quella che poi diventò, come abbiamo detto, una delle canzoni più famose della storia del rock. Nel corso del tour, gli Stones, si erano recati in vari studi americani per registrare le loro idee. Il 10 maggio, appena tre giorni dopo la visionaria notte di Richard, entrarono negli Chess Studios di Chicago, che avevano già accolto alcuni tra i più grandi artisti del ventesimo secolo, come Bo Diddley, Little Walter, Howlin’ Wolf, Muddy Waters, Etta James e Chuck Berry. Con la produzione del manager Andrew Loog Oldham, il gruppo registrò una prima versione acustica di “Satisfaction” in uno stile folk dylaniano, assolutamente priva di quella carica e quella energia che avrebbero poi segnato la versione definitiva. Due giorni dopo, gli Stones si recarono a Los Angeles presso gli RCA Studios su Hollywood Boulevard. Ispirati dalle potenzialità dell’effetto del nuovo pedale FuzzTone Master acquistato da Richards, gli Stones si lanciarono in una versione molto più aggressiva. “Charlie [Watts] ha impostato un tempo diverso”, comunicò Richards e con l’aggiunta dei nuovi effetti sonori alla mia chitarra, che abbassa gli alti, abbiamo raggiunto un suono molto interessante”. Alle sessions, oltre alla band, partecipò anche il famoso arrangiatore Jack Nitzsche suonando anche il tamburello e il pianoforte. La band era entusiasta del risultato ma Richards non era ancora tanto convinto: il sound della chitarra non lo soddisfaceva e lasciò lo studio pensando ai miglioramenti da apportare. Mentre gli Stones riprendevano il tour, il manager iniziò a promuovere la nuova canzone. Già dai primi ascolti, il brano risultava, secondo l’establishment anti-rock, assolutamente censurabile. Il magazine Newsweek definì gli Stones un “quintetto malizioso” e affermò che “Satistaction” era piena di “temi insignificanti”. Nel Regno Unito (dove il brano fu pubblicato solo nell’agosto del 1966) lo si poteva ascoltare inizialmente solo attraverso le stazioni radio pirata dal momento che il testo veniva ritenuto un’aperta critica al consumismo della società del benessere degli anni Sessanta ed era ricco di allusioni sessuali. Nonostante il divieto in alcune città, non fu possibile fermare l’ascesa della canzone che il 10 luglio del 1965 “Satistaction” era al numero uno delle classifiche.
“Satisfaction” è uno di quei brani al di sopra dei generi e delle generazioni. Tutti la conoscono, dai bambini ai settantenni, tutti ne canticchiano il riff, tutte le band si sono almeno una volta cimentate con una sua cover. Ricordiamo, a tal proposito anche la versione degli italiani Tritons, un progetto collaterale di alcuni componenti dei New Trolls, che incisero il pezzo nel 1973 in diverse tonalità, una vera e propria croce per i collezionisti più accaniti. La loro “Satisfaction” è una gustosa versione trasformata in una ballata acustica che ricorda “I got you babe” di Sonny and Cher che ebbe comunque un discreto successo anche in Italia. Quando poi il gruppo lasciò la Fonit realizzò un album per la Polydor, chiamato proprio “Satisfaction”, una vivace raccolta di otto brani molto ben eseguiti ed arrangiati, in cui la band di Nico Di Palo si diverte a sconvolgere, non senza una certa ironia, alcuni classici del Rock e a presentare alcuni inediti di ottima consistenza.
14 Giugno, 2020 – Gianni Scognamiglio – Paola Jappelli
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