L’Arena che batte i record di rappresentazioni liriche, l’Arena che ospita i più grandi artisti internazionali, l’Arena che incute timore a chi si esibisce perché è uno dei luoghi più magici del mondo, l’Arena che aveva allontanato il pop-rock perché sembrava infastidita dal rumore e preoccupata per gli eventuali danni, l’Arena alla fine accoglie Bruce Springsteen.
Lui di timore sembra averne poco, parla ogni tanto un italiano stentato, letto a fatica da un foglio sistemato a terra di fianco al monitor, e concede solo una dedica alla città in quanto “famosa per Romeo e Giulietta”, oltre ovviamente alle immancabili “Ciao Verona!” e “Vi amo!” (esiste già un dizionario sugli stereotipi dei concerti pop-rock?).
Si dondola sulle ginocchia piegate, inclina la chitarra in alto o in basso, come se a suonarla troppo dritta si finisse per sembrare seri. Intorno a lui luci colorate, drappi rossi e candelabri come in una sala dei paesini del west: una grande festa con 17 musicisti che ballano, cantano e se la godono.
Siamo alla sagra, alla festa del patrono, al ballo di fine anno: siamo insomma immersi in una tradizione americana che non ha la presunzione di correttezze filologiche. C’è il banjo, che fa molto country, e ci sono i fiati – sousaphone compreso -, che fanno molto dixieland, senza dimenticare i coristi di colore, che fanno molto gospel, e l’armonica di Bruce, che fa molto folk. Bruce Springsteen, il boss, il capo anche per stanotte di una banda di briganti intenti ad ubriacarsi di accordi e ritmo e cori, il capo che incita gli undici mila (di più?) del pubblico a seguirlo nei ritornelli, il capo che non sembra un capo e indossa ancora i blue jeans e sembra – sembra, non lo conosciamo fino in fondo – fregarsene dei soldi e della fama.
Musica della gente, per la gente. Dev’essere questo il motore di We shall overcome – The Seeger sessions, disco riproposto quasi per intero con l’aggiunta di classici come The river e una splendida versione di When the saints go marching in, in cui la slide guitar e l’organo accompagnano tre voci, tra cui quella della moglie Patty Scialfa – che non sarà presente alle prossime date del tour per tornare a casa dai figli – per una rilettura senza tempo e senza i fronzoli dell’ovvietà di un tema arcinoto.
Due ore e venti oneste, con la cortesia di chiedere il cambio di chitarra e non pretenderlo, con lo spazio per l’improvvisazione dato a ogni musicista, con l’allegria che travolge tutti, persino Zucchero spettatore d’eccellenza che a fine concerto stringe la mano a Springsteen nel retro palco. Niente bis, ma nessuno è deluso. Ci si chiede già: con chi sarà la prossima volta? Da solo o con la E-Street Band? (Luca Bertoldo–
05 Ottobre 2006 – Verona – Arena
- John Henry (VIDEO)
- O Mary Don’t You Weep
- Old Dan Tucker (VIDEO)
- Samson And Delilah
- Eyes On the Prize
- Jesse James
- Atlantic City
- My Oklahoma home
- If I Should Fall Behind
- Valerie (Patti lead vocal)
- Bobby Jean
- Mrs. McGrath
- How Can A Poor Man Stand Such Times And live?
- Jacob’s Ladder
- The River
- Open All Night
- Pay Me My Money Down
- Fire
- Rag Mama Rag
- When The Saints Go Marching In
- This Little Light Of Mine
- American Land