Che il 1975 con l’uscita di “Born to run” sia considerato l’anno dell’ascesa di Springsteen all’Olimpo delle rockstar oramai è sancito dai libri di Storia come una sorta di convenzione storiografica, un tempo spartiacque dal quale far partire il famigerato “futuro del rock and Roll”. Ma in particolare, di quell’anno va ricordata a caratteri cubitali una data che segnerà la definitiva consacrazione di Bruce come artista internazionale: il 18 novembre 1975, giorno in cui Springsteen e la E Street Band sbarcavano in Europa per la prima volta. “Born To Run” aveva fatto pochi mesi prima la sua comparsa nei negozi di dischi e a Bruce erano state dedicate contemporaneamente le copertine di “Time” e di “Newsweek” (il 27 Ottobre 1975). Era dunque il momento propizio per testare nel resto del mondo la credibilità di quel nuovo profeta che indicava le nuove vie del rock nd roll con quel suo straordinario talento poetico e musicale e soprattutto quella reputazione di straripante performer live che, sebbene astro nascente, era già leggendaria. L’attesa per il debutto inglese fu indubbiamente spasmodica, enfatizzata dall’intenso lavoro promozionale, messo in moto dalla Columbia per dare la massima risonanza all’evento, e al tam tam dei fans della prima ora: poster, pubblicità, promo, jingle radiofonici… In sintesi, tutto aveva contribuito a far crescere l’attesa per quello che, oltre ad un evento da tanto annunciato, si sarebbe rivelato per Springsteen (e oserei dire, per tanti di noi) un appuntamento con il destino. L’insegna che campeggiava sull’Hammersmith Odeon proclamava: “London is finally ready for Bruce Springsteen and The E Street Band” e ovunque la strada era tappezzata di poster e volantini dai toni messianici. Come racconta lo stesso Bruce nelle liner notes del disco, “l’intera città, o quantomeno quella parte che era interessata alla musica pop, sembrava pronta per… una festa? un funerale? un’incoronazione? un’impiccagione? tutto questo insieme?”. Teso per così tanta aspettativa, Bruce cominciò a stracciare tutto il materiale promozionale che si trovava davanti. “Sembrava impazzito, diede praticamente fuori di testa”, racconta il manager dell’epoca, Mike Appel. Questa tensione febbrile serpeggiò sul palco durante tutto il concerto, ma forse è proprio a questa componente che si deve una rappresentazione intensissima, più drammatica e catartica rispetto ai live americani. La E Street Band, da non molto stabilizzatasi nella propria formazione “classica”, non aveva ancora raggiunto quell’affiatamento che la renderà una delle più formidabili macchine da rock ‘n’ roll della storia, ma era piena di entusiasmo esplosivo. Springsteen, con una giacca di pelle e un cappello di lana calato sul volto, incorniciato da un’ispida barba scura, si presentò solitario davanti al microfono, intonando con una voce intensa e carica di lirismo una versione rarefatta di Thunder Road, affidata solo al piano di Roy Bittan e alla voce (come quella contenuta nell’antologia “Live 1975-1985”). Poi entrò in scena la E Street Band al completo, con la contagiosa energia di “Tenth Avenue Freeze-Out” e di “Spirit In The Night”, due terremoti rock’n’roll con il dominio assoluto del sax di Clemons. E poi “Lost in The Flood”, “She’s The One”, “Born To Run”, “E-Street Shuffle” (uno dei momenti più divertenti e comici del concerto), una versione elettrizzante di “It’s Hard To Be A Saint In The City”, “Backstreets”, “Kitty’s Back”, “Jungleland”, “Rosalita (Come Out Tonight)”, “4th Of July, Asbury Park (Sandy)”, “Detroit Medley” e un’esecuzione intimista da brividi di “For You”, che anticipa la straripante “Quarter To Three”, con cui si chiude il concerto. Le cronache dicono che l’esibizione, quel 18 novembre, non fu eccellente. Ma cosa ci si poteva attendere da giornalisti che all’annuncio dell’arrivo di Bruce Springsteen a Londra, replicavano “Vi abbiamo dato i Beatles, voi cosa pensate di darci?”. Certo è che sei giorni dopo, Springsteen fu richiamato all’Hammersmith dopo alcuni show in Scandinavia, a causa dell’incredibile successo delle vendite dei biglietti per la prima serata. E questa volta – ammisero anche i più recalcitranti – l’esibizione fu all’altezza della fama. Ebbene, solo il concerto del 18 fu filmato ed è quello che si trova sul primo dei due dvd allegati al ‘Born To Run 30th Anniversary Edition’ del 14 novembre 2005. Dunque, se fu una esibizione eccellente o meno, siamo poi stati tutti in grado di valutarlo. E infatti, al contrario, siamo tutti convinti che quella sera andò in scena un concerto grandioso, che non a caso scosse non solo l’Hammersmith ma tutta un’Europa ignara, dando vita a quello che sarà considerato il più bel live ufficiale realizzato finora da Bruce Springsteen. Il filmato del concerto di Londra dunque è una testimonianza importante non solo per la bellezza della musica contenuta al suo interno; non solo perché si tratta di una delle prime occasioni in cui Springsteen si esibisce con E Street Band nella formazione definitiva (con Steven Van Zandt alla chitarra solista); ma soprattutto perché da quella serata storica del 18 novembre 1975, anche l’Europa fu irreversibilmente blinded by the light.
SETLIST
◾THUNDER ROAD
◾TENTH AVENUE FREEZE-OUT
◾SPIRIT IN THE NIGHT
◾LOST IN THE FLOOD
◾SHE’S THE ONE
◾BORN TO RUN
◾THE E STREET SHUFFLE – HAVING A PARTY
◾IT’S HARD TO BE A SAINT IN THE CITY
◾BACKSTREETS
◾KITTY’S BACK
◾JUNGLELAND
◾ROSALITA (COME OUT TONIGHT)
◾4TH OF JULY, ASBURY PARK (SANDY)
◾DETROIT MEDLEY
◾FOR YOU
◾QUARTER TO THREE