Ogni espressione artistica riflette o risponde ai contesti storici, sociali e culturali in cui viene generata. Capita poi che alcune opere siano palesemente concepite come proteste sociali e che assumano chiare posizioni politiche. La musica, in particolare, ha una lunga eredità in tal senso ed è stata spesso uno straordinario strumento di analisi e di denuncia dei momenti critici della storia o di aberrazioni sociali. In Italia, ad esempio, la musica di protesta ha fatto da colonna sonora a cinquant’anni di cambiamenti ideologici, culturali e sociali del nostro paese, sebbene quella vocazione nata dalle ceneri del dopoguerra e assai fertile tra anni ’60 e ’70 oggi sembra essersi un po’ sopita tra la memoria di canti partigiani e la riproposizione di classici, ma un po’ datati, di vecchi cantautori. In America la musica di protesta –da Dylan a Seeger, da The Fugs ai Jefferson Airplane e tutta la musica di “protesta nera” – ha sostenuto periodi cruciali e ha motivato generazioni intere a combattere per il cambiamento. I recenti omicidi di George Floyd, Breonna Taylor e un numero sconcertante di altri neri americani hanno scatenato l’inevitabile resa dei conti con il razzismo così impunemente strutturale a molti sistemi legali e politici del paese. Ma non solo in America, il mondo intero ha reagito a quegli episodi con indignazione e proteste antirazziste tra le più corali e consapevoli della recente memoria collettiva, manifestando solidarietà con il movimento Black Lives Matter e chiedendo ai governi di porre fine alla brutalità della polizia e al razzismo istituzionale. Questo attivismo, insieme all’attuale pandemia, ha spronato molti artisti neri a pubblicare nuova musica sulla tragicità del momento storico, con inviti diretti a sostenere il movimento Black Lives Matter, i diritti all’eguaglianza e il rispetto per la dignità dell’uomo. E’ il caso, ad esempio, di Anderson .Paak che ha lanciato una nuova canzone intitolata “Lockdown”, un brano funk, hip-hop e R&B. Il giorno prima dell’uscita del brano, Paak ha rilasciato un video musicale in cui lui e i suoi compagni attivisti tra tristezza, solitudine e frustrazione, pianificano strategie per future proteste, si ricordano a vicenda di indossare mascherine e si sostengono l’un l’altro, sia fisicamente che emotivamente.
Il rapper Wale ha pubblicato “The Imperfect Storm”, un EP di sei tracce in cui incoraggia gli attivisti e loda la tenacia e la forza della comunità nera di fronte alla continua oppressione e alla brutalità della polizia. Di forte impatto sono anche “Never Break” di John Legend, accompagnato da commoventi filmati del movimento per i diritti civili, e “Body Cast” di Dua Saleh, la cui copertina riporta come una lapide tutti i nomi dei neri assassinati dalla polizia. E ancora vanno citati “Black Parade” di Beyoncé in cui elogia i membri della sua famiglia, i leader neri del passato e incoraggia l’attivismo futuro; “I Can’t Breathe” di HER dal titolo drammaticamente evocativo; “Captured on an iPhone” corredato da una massiccia compilation di video di casi di brutalità della polizia registrati da civili; e “Otherside of America” di Meek Mill il cui testo evidenzia le falle del sistema giudiziario americano a danno dei neri.
Last but not least va assolutamente segnalata la versione solista inedita di “Never Gonna Break My Faith” della grande Aretha Franklin, rilasciata a giugno scorso, nel giorno dell’anniversario annuale del “Juneteenth”, la ricorrenza che celebra la fine della schiavitù in America. L’intensità del testo di Bryan Adams, accompagnato da un video a dir poco potente (che alterna filmati del movimento per i diritti civili della metà del secolo a quelli delle proteste più recenti) e soprattutto l’esecuzione da brividi della leggendaria regina del Soul rendono questo brano un vero e proprio inno alla vita, alla fede e alla giustizia, dimostrando ancora una volta, come ha detto Clive Davis, che “una canzone può essere un motore che innesca l’azione e il progresso”.