Il Boss invecchia ma e’ sempre autentico
Ieri sera concerto di Springsteen allo stadio Bentegodi di Verona.
Nell’umida serata di Pasqua la rockstar strega il Bentegodi per quasi 3 ore. Replica a fine maggio a Roma.
A Verona Springsteen dosa la sua energia senza privare di emozioni vere 25 mila fans. Aveva davanti a se’ venticinquemila persone mezze intirizzite e un po’ immalinconite dall’ aria livida, umida di pioggia. Ma Bruce Springsteen e’ riuscito con il suo rock leggendario a trasformarle, ad una ad una, in caldaie surriscaldate d’ emozioni, ha procurato loro gioia e commozione. Al “Boss” riesce sempre di rinascere sul palco, circondato dai suoi fan, anche se e’ raffreddato e acciaccato come e’ accaduto l’ altra sera, giorno di Pasqua, allo stadio Bentegodi di Verona. Si resta abbagliati dalla sua presenza, dal suo essere autentico, reale, spontaneo. Unico nel panorama plastificato e vanesio del rock, proprio per la sua straordinaria forza comunicativa, per la sua carica umana. Springsteen catalizza l’ attenzione senza ricorrere a nessun artificio, a nessuna trovata kolossal: lui, la scena . nera e spoglia, due maxi schermi ai lati . la riempe semplicemente arrovellando le corde della chitarra e strappando la sua voce inconfondibile, a cominciare dalla storica “Darkness on the edge of town”, datata 1978. Nessuna forzatura spettacolare, nessun parco luci roboante, Springsteen sceglie l’ essenzialita’ , e nella semplicita’ brillano i suoi disarmanti e poetici gioielli musicali. Non ci sono che lui e il suo rock, dolce e violento, dolente e crudo, anche in questa nuova serie di concerti che sta affrontando in Europa (in Italia tornera’ il 25 maggio al Flaminio di Roma). Siamo ancora all’ inizio e intona “This Hard Land”, canzone composta nell’ 84 e mai incisa, per poi affrontare sul serio l’ annunciato duetto con il giamaicano Jimmy Cliff (di scena piu’ tardi nella vicina Brescia): cantano “Time will tell” nel segno di Bob Marley. Quindi inanella “Better days” e “Lucky town”. Va indietro nel tempo con “Atlantic City” e “Badlands”. S’ insinua sotto la pelle il suo canto con “Many rivers to cross” (di Jimmy Cliff) e nel suo classico “My hometown”. Fa faville per le velocissime “Leap of faith”, “Man’ s job” e “Roll of the dice”. Certo, Springsteen non scalpita e corre piu’ come una volta, il tempo non rispetta neanche un mito come lui. Cavalca il palco come gli permettono i 44 anni che compira’ a settembre, spende l’ energia che puo’ , macinando comunque metri in lungo e in largo, su e giu’ dai gradoni che lo conducono al proscenio, gettandosi tra le braccia dei fan. Non sembra piu’ inesauribile fisicamente, ma riesce a reinventarsi e a sprigionare la quintessenza del suo talento per quasi tre ore (seppure con un intervallo sfiancante di quaranta minuti). E non ha piu’ la sua epica E Street Band, continuano a notare alcuni inconsolabili, ormai dall’ anno scorso, da quando cioe’ Springsteen e’ ritornato sotto i riflettori sull’ onda di due nuovi dischi, “Human touch” e “Lucky town”. Ma che senso ha pretendere di “congelare” un’ artista in una certa situazione? E comunque, anche quelli che mugugnano sulla sezione ritmica che perde colpi non possono fare a meno di vibrare, soprattutto nei frequenti momenti in cui suona acustico la chitarra e l’ armonica. Stavolta niente duetti, come l’ anno scorso al Forum, con Patti Scialfa (la mamma dei suoi due figli che e’ restata a casa), sulle note di “Human touch”: a dargli manforte, come per altri brani, cinque vocalist. Springsteen incastra “Who’ ll stop the rain” (dei Creedence Clearwater Revival) tra la sua magnifica pietra miliare “The river” e la nuova esposiva “Real world”. E l’ apoteosi con inni sempre attuali come “Because the night” e “Born in the USA”. “Vi ringrazio tutti, miei fratelli e sorelle italiani!”, urla a tutti il “Boss”. E per concludere la sua “liturgia” tira fuori una serie di “pezzi da novanta”: “Hungry heart”, “Glory days”, “Thunder road”, “Born to run”, “My beautiful reward”. Manca un quarto a mezzanotte, la folla lo acclama, lui batte il dito sul polso a indicare “tempo”. Ma non ci vuole molto per fare breccia nella sua generosita’ , si soffia il naso e regala “Rockin’ all over the world” (di John C. Fogerty). Poi e’ davvero buonanotte con la vitalita’ di “Working on the highway”.
(13 aprile 1993) – Corriere della Sera
11 Aprile 1993 – Verona – Stadio Bentegodi
- Darkness On The Edge Of Town (acoustic)
- Adam Raised A Cain (acoustic)
- This Hard Land (acoustic)
- Time Will Tell (con Jimmy Cliff)
- Better Days
- Lucky Town
- Atlantic City
- 57 Channels (And Nothin’ On)
- Badlands
- Many Rivers To Cross
- My Hometown
- Leap Of Faith
- Man’s Job
- Roll of the dice
- I’m On Fire (YouTube)
- Because The Night (YouTube)
- Prove It All Night (YouTube)
- Human Touch (YouTube)
- The River (YouTube)
- Who’ll Stop The Rain? (YouTube)
- Souls Of The Departed (YouTube)
- Born In The USA (YouTube)
- Light Of Day (YouTube)
- Hungry Heart (YouTube)
- Glory Days (YouTube)
- Thunder Road (YouTube)
- Born To Run (YouTube)
- My Beautiful Reward (YouTube)
- Rocking All Over The World (YouTube)
- Working On The Highway (YouTube)
Foto di Giorgio Gull