Accadde oggi!
Roma, Palalottomatica Ci sono vari modi per guardare un concerto. Soprattutto quando si tratta di un concerto atteso come quello di Bruce Springsteen.
C’è chi da fan accanito si aspetta una scaletta costruita (ogni volta) per l’occasione, con pezzi rari e versioni inedite. C’è chi è pronto a criticare sulla base di un giudizio più o meno professionale. E c’è chi, da semplice appassionato di musica, si aspetta “solo” buone emozioni.
Riuscire a mettere d’accordo tutti non è facile, soprattutto quando si sa che le attese del pubblico potrebbero rimanere comunque insoddisfatte da una performance “solo” acustica. Bruce Springsteen godrà poi anche del favore e delle preferenze di molti, ma sul palco nulla è scontato. Soprattutto per lui.
Coraggiosa la scelta di lasciare a casa la E-Street Band e di portare invece in tour da solo un disco come “Devils and dust”: sarebbe stato assai più facile e sicuro imbastire uno spettacolo full-band con l’aggiunta di qualche pezzo del nuovo album. Se si vuole, questa è un’ulteriore prova di quanto Springsteen creda nelle sue canzoni.
Proprio questa profonda convinzione contribuisce a fare di lui un artista carismatico, capace di comunicare emozioni. E anche il concerto di Roma ha confermato ancora una volta, semmai ce ne fosse bisogno, la sua statura e la sua abilità nel creare e catalizzare attenzione.
Basterebbe raccontare i primi due pezzi, “I’m on fire” e “Reason to believe”: la prima introdotta dalla musica di “C’era una volta il West” è per l’appunto dedicata a Morricone con una parte di armonica che riecheggia “Per un pugno di dollari”, mentre la seconda è quasi irriconoscibile, trasformata in un blues solo voce, armonica e piede, spiritata come un pezzo di Tom Waits.
Sin da subito Springsteen ha in mano tutti i presenti e li porta a condividere quello che è il suo folk, passando in rassegna le sue capacità con una tensione e un magnetismo da vero maestro: ringrazia Roma e si mostra emozionato dalla bellezza della città che definisce “inspirational”, ma ogni concessione, anche la più piccola, è inserita in un contesto che mira a costruire uno spettacolo coerente e toccante. Come al solito, il palco è spoglio, ma alcuni particolari denotano una nuova ricercatezza: un paio di drappi che cadono sullo sfondo, un lampadario, un organo a pompa e un pianoforte su cui è appoggiata un abatjour.
Emblematiche sono “Incident on 57th Street” e “The river”, eseguite al piano, in versioni da brividi, in un raccoglimento da gran teatro, ma introdotte con assoluta semplicità: le parole spese quasi per scherzo sulle preferenze radiofoniche dei propri genitori (il padre che vedeva in ogni ballata un’azione di propaganda da parte del governo e la madre che invece ne rimaneva commossa) non sono casuali e celano un doppio significato che viene rappresentato lungo l’arco di tutta l’esibizione.
Springsteen è da tempo marito e padre e sta affrontando questi ruoli nel modo più cosciente possibile: il rapporto tra uomo e donna, tra genitori e figli viene più volte sottolineato, parlando anche in italiano, ogni volta con sfumature diverse, a seconda delle canzoni, dei personaggi e delle loro condizioni.
Ancora una volta il Boss (fa quasi strano, ma neanche tanto poi, chiamarlo ancora così) risulta credibile perché mette tutto sé stesso nella sua musica: il modo in cui sottolinea alcuni versi di “Long time comin'” e di “Brilliant disguise” è un rimando al suo divorzio e al successivo incontro con Patti Scialfa, ma soprattutto è prova di un’artista che vive la musica con responsabilità e partecipazione.
La stessa con cui guarda poi verso l’esterno, scrutando la realtà con pezzi scarni come “State trooper” e “Nebraska”, che lasciano più di uno spettro sul Palalottomatica.
Certo, c’è qualche calo di tensione nello spettacolo, soprattutto in alcuni pezzi di “Devils and dust”, ma, che sfiori la sua chitarra (acustica, banjo, dobro) o che la prema con forza, Springsteen riesce ad incantare e nulla può interrompere l’incantesimo, nemmeno una corda che si rompe durante “All the way home”: il tempo di cambiare la chitarra e di riprendere la canzone, mentre il suo pubblico gli tiene il tempo con un battimano entusiasta. Sono emozioni tenui e strappi improvvisi, brividi che salgono e scendono, come fa lo stesso Springsteen con la sua voce, volontariamente alzata e abbassata, distanziata dal microfono per creare un’eco che più di una volta sfiora certi cori morriconiani: è evidente che per questo tour Bruce ha lavorato sull’intensità dei pezzi, cercando nuovi risvolti alle sue interpretazioni.
Oltre ad una rinnovata soddisfazione, che si legge sul suo volto, questo porta anche altri highlights come “Real world” e “Racing in the street” eseguite ancora al piano, strumento a cui Springsteen pare migliorato, al punto da proporsi in qualche parte più solista (ancora morriconiana).
Una sorpresa è “Jesus Was An Only Son” in cui convergono molti dei temi della serata e dell’etica di Springsteen, con un parlato meditativo ad intervallare il canto. Il finale è tutto raccolto sulla chitarra acustica con il pubblico invitato ad accorrere sotto il palco, violando l’ordine dei posti numerati, per stringersi attorno al proprio idolo, che risponde calmando tutti con un paterno “Silenzio, miei figli”, prima di concentrarsi su “Matamoros banks”.
Poi il rock’n’roll di “Ramrod”, in una versione da musicista da strada, riallacciato ancora una volta alle origini dell’american music, e in conclusione una serie di invocazioni sempre più toccanti, prima con “Land of hope and dreams”, poi con una “Promised land” percossa da una chitarra acustica e infine con “Dream baby dream” dei Suicide ripetuta ad libitum.
Alla fine Sprinsgteen ringrazia commosso: sa di aver offerto un’emozione a tutti. Anche a sé stesso.
da mescalina.it
Scaletta:
I’m On Fire (video)
Reason To Believe
Devils And Dust
Empty Sky
Long Time Comin’
Silver Palomino
Incident On 57th Street (video)
The River (video)
State Trooper
All The Way Home (video)
Nebraska
Brillant Disguise
Reno
Real World
Racing In The Street
The Rising
Lucky Town
Jesus Was An Only Son
Leah
The Hitter
Matamoros Banks
Ramrod
Land of Hope and Dreams
The Promised Land
Dream Baby Dream
Unforgettable remembrances