Bruce Springsteen non si limita a fare musica. Bruce compone colonne sonore per i fotogrammi delle nostre complicate esistenze, per le immagini che scorrono nei nostri ricordi o che prefigurano i nostri sogni. Springsteen è la lezione che una grande musica trascende il suono stesso, tocca le corde più intime e si espande nella mente creando o rievocando visioni… visioni pronte a danzare “across the porch as the radio plays”.
Sezione 1: Il Cinema nelle canzoni di Springsteen
Questa sezione è dedicata ai film che, per esplicita dichiarazione di Springsteen, hanno alimentato il suo immaginario poetico, a partire dalle pellicole dei grandi maestri degli anni Trenta, Quaranta e Cinquanta – il noir, il western, i capolavori di Capra, Ford, Kazan – fino alle opere degli anni Settanta, da “L’Ultimo Spettacolo” di Bogdanovich, a “Badlands” e ai capolavori di Martin Scorsese.
8. THE SEARCHERS / SENTIERI SELVAGGI – USA 1956-Director: John Ford
Ispirato a una storia vera, il capolavoro di John Ford costituisce una pietra miliare assoluta del cinema western, un genere che Springsteen ha indicato come «lo scenario ideale per molte [sue] canzoni». Lo stesso nel 1997 affermerà: «E’ la storia di un uomo capace di trasformare la comunità nella quale vive. Il personaggio interpretato da John Wayne cerca di ricostituire la comunità che si è smembrata il giorno del rapimento della nipote da parte degli indiani. John Wayne riesce a ricostituire quella famiglia ma non riesce a unircisi. Ecco cosa risuona dentro di me: la storia di un tipo che riesce ad avere un impatto sulla comunità ma non ci si riesce a integrare. L’ultima sequenza del film è favolosa: il vento del deserto soffia, John Wayne sta in piedi nella cornice della una porta; tutti entrano nella casa, tutti i membri della famiglia varcano la soglia uno a uno, tranne John Wayne! Non riesce ad attraversare quella porta e torna al deserto.
Quel film ha avuto un impatto enorme su di me. Credo che questo finale rappresentasse quello che a lungo ho percepito relativamente alla mia attività e alla mia vita. Facevo un lavoro che produceva un effetto sulla vita della gente, ma non riuscivo a vivere per me: nessun luogo fisso, nessuna compagna regolare o famiglia, sempre sulla strada e così via. E questa sensazione che mi ha fatto identificare così fortemente con il film. Continuo a rivederlo regolarmente. Inoltre, rispetto alla norma dell’eroe hollywoodiano, il personaggio di John Wayne era complesso e ambiguo: razzista, pieno di risentimento, era piuttosto un antieroe. Non era simpatico, ma autentico, più vicino alla realtà che al mito.»