Durante il suo discorso di induzione degli U2 nella Rock and Roll Hall of Fame nel 2005, Bruce Springsteen – a proposito del nuovo spot pubblicitario per iPod in cui compariva la band irlandese – raccontò scherzosamente di aver esclamato “Dio mio! Si sono venduti!”, prima di condividere alcune divertenti riflessioni personali a riguardo, suscitando l’ilarità del pubblico. Sarà per questa sua riluttanza a cedere negli anni passati ai tentacoli della pubblicità, che stavolta il popolo dei fans è rimasto piuttosto disorientato. Il tempo di annunciare la sua partecipazione allo spot pubblicitario per Jeep che il mondo sembra aver esclamato all’unisono “Dio mio! si è venduto!”, aprendo di fatto un dibattito – infinito e articolato, talvolta contorto- tra favorevoli e contrari, tra entusiasti e delusi. Senza la pretesa di convincere l’una o l’altra posizione, rispettando quelli che sono i pareri e i “giudizi” personali, e soprattutto cercando di comprendere la perplessità di chi lo avrebbe preferito puro e immacolato, ci vogliamo tuttavia limitare ad alcune considerazioni. Si tratta del primo spot pubblicitario al quale Springsteen abbia mai partecipato, nonostante le occasioni non gli siano mai mancate. Basta pensare che, al culmine della popolarità negli anni ’80, rifiutò come è noto ben $ 12 milioni da Chrysler che voleva “Born in the USA” per una sua pubblicità. Se andiamo indietro nel tempo, l’unico accenno a un prodotto commerciale – e decisamente involontario – è quello in cui Bruce lesse scherzosamente una pubblicità di un vino mentre visitava la stazione radio di Filadelfia WMMR nel 1974, ovvero prima del successo di “Born To Run”. “Da quel momento, non credo che abbia mai approvato uno spot pubblicitario o un prodotto”, afferma Louis Masur, professore di American Studies and History alla Rutgers University del New Jersey, che tiene un corso chiamato “Springsteen’s American Vision”. Tuttavia, questa presunta “perdita di illibatezza” è avvenuta nel modo più poetico che si potesse immaginare. Come osserva Jay Lustig, il messaggio commerciale dello spot fa unicamente da sfondo a quello, nettamente predominante, di speranza sul futuro del paese: il video, come abbiamo già avuto modo di descrivere, è spettacolare: un “punto di incontro” tra poesia, arte cinematografica ed esortazione a ritrovare un comun denominatore necessario per la ripresa del popolo americano. Sì, a ben cercare c’è anche un logo, una sorta di sponsorizzazione probabilmente necessaria per veicolare un messaggio importante nel più spettacolare evento mediatico dell’anno. “Il pubblico più numeroso che abbiamo mai avuto – ha commentato Jon Landau – è stato in occasione dell’ halftime show al Super Bowl 12 anni fa. Questo sarà il nostro secondo pubblico più grande. Da manager, ci troviamo in un panorama mediatico rivolto soprattutto ai giovani. E’ più difficile attirare l’attenzione e farti conoscere da nuove persone. Quindi, questa è una grande opportunità per raggiungere una fascia molto ampia di pubblico”. Da un punto di vista tecnico, tra l’altro, come ha fatto notare Gianluca Tramontano, da fan ma soprattutto da pubblicitario professionista: «lo spot “The Middle” non propone nessun nuovo posizionamento del brand o del prodotto Jeep. L’auto che si intravede è una Jeep CJ-5 del 1980, ed è di proprietà personale di Bruce. Quindi non stiamo parlando di un normale “commercial”. Noi fan, che sappiamo riconoscere le sue camicie e le sue scarpe, abbiamo visto Bruce negli anni, già visivamente associato a molti brand, diventandone più o meno consapevolmente, “testimonial”. Basti pensare ad Harley Davidson, e questo senza che nessuno ne fosse scandalizzato. Ma stavolta le cose pare siano andate così: sulla base solo dello script d’agenzia, Bruce ha avuto completa libertà creativa sul progetto: mood visivo e spirituale, supervisione creativa totale, editing, voiceover e sound design. Insomma era lui al comando. Bisogna che sia chiaro a tutti che uno spot al Super Bowl è semplicemente lo strumento di comunicazione più potente e prestigioso in America e forse nel mondo. Springsteen da grande comunicatore ha intelligentemente colto l’occasione migliore per parlare “a tutti”, ma proprio “tutti” gli americani, ricordando loro, in un momento difficile come non mai, con un linguaggio molto “americano”, comprensibile ed emozionante, quei valori comuni che costituiscono la loro unità nazionale. In “The Middle” è Bruce che ha usato lo strumento pubblicitario, non viceversa». Springsteen e il suo produttore Ron Aniello hanno infatti creato una musica originale ad hoc anziché optare per la soluzione banale (e più redditizia), pescando tra il vastissimo repertorio delle sue vecchie canzoni. Il che si traduce nel fatto che nessuna delle sue musiche precedenti sarà mai associata ad un prodotto commerciale. Lo spot dura due minuti ed è stato mostrato in televisione solo una volta, durante il famigerato Super Bowl. Una cosa è cercarlo volontariamente online, un’altra cosa è subirne il bombardamento come consumatore medio americano. Il bell’articolo di Brian Steinberg pubblicato da “Variety” non fa ovviamente alcun cenno ai termini dell’accordo e dunque non c’è modo di sapere quanto Bruce sia stato pagato da Jeep [come ha riportato Landau nell’intervista rilasciata a Billboard il 7 febbraio “Bruce è stato pagato in modo adeguato e non commento la sua beneficenza privata”], ma supponiamo in ogni caso che abbia guadagnato molto di più cantando di una “Chevy del ’69 con un 396”, di una Cadillac “lunga e scura, lucida e nera” e dei “sedili di velluto” della Pink Cadillac! Ma è poi così rilevante fare i conti in tasca a Bruce? Se è vero che a Bruce certo non manca il piatto a tavola, è anche vero che – soprattutto in questi tempi in cui la pandemia ha tagliato fuori tour e molto altro -non deve essere affatto facile gestire il folto esercito di figure che gravitano attorno a lui (o che vivono grazie a lui) – tra cui Ron Aniello, il regista Thom Zimny, tutto il suo team e la stessa E Street Band. Olivier Francois, chief marketing officer di Stellantis, confessa di aver passato gli ultimi dieci anni a suggerire potenziali idee e concetti a Jon Landau, senza successo. Fino a pochi giorni fa, quando David DeMuth, CEO di Doner, una delle agenzie pubblicitarie dell’azienda, ha contattato Francois con qualcosa che pensava meritasse la massima attenzione.
Si trattava di una sceneggiatura per uno spot pubblicitario chiamato “The Middle”, in cui si descriveva la minuscola Cappella degli Stati Uniti in Lebanon, considerato il centro geografico dei 48 Stati Uniti: una chiesa che “non chiude mai” e dove “tutti sono invitati a venire”. Un’esortazione a ritrovare un punto di incontro, un centro che “non è un segreto… ultimamente è stato difficile da trovare”, divisi come siamo “tra il rosso e il blu, tra il servo e il cittadino, tra la nostra libertà e la nostra paura”. Springsteen aveva già ricevuto nel 2012 la proposta per uno spot del Super Bowl intitolato “It’s Halftime in America” che poi invece vide protagonista l’attore Clint Eastwood. L’annuncio mostrava Eastwood come allenatore della nazione, esortando gli Stati Uniti a imparare dalla rinascita dell’industria automobilistica di Detroit. Francois ha definito l’annuncio di quest’anno come il seguito di quello spot del 2012 e di un altro, anch’esso molto suggestivo, chiamato “The Farmer” mandato in onda per il Super Bowl del 20013. Entrambi erano annunci cinematografici e pro-country con poca visibilità diretta dei veicoli pubblicizzati ma di grande impatto motivo. E così molte altre “pubblicità” del Super Bowl, divenute memorabili per i contenuti sociali, a favore dell’arte e del progresso, come quella di Eminem o di Bob Dylan e quelle con le voci di Paul Harvey e Martin Luther King Jr. “Quando Francois ci ha mostrato lo schema di The Middle– ha raccontato Landau- la nostra reazione immediata è stata: ‘Facciamolo!’. Il nostro obiettivo era fare qualcosa di sorprendente, rilevante, immediato e artistico. Credo che sia proprio quello che ha fatto Bruce con The Middle”. In linea con le convinzioni di Springsteen, il messaggio ha trovato il “giusto equilibrio” tra l’obiettivo della compagnia e quello di Bruce, costantemente promotore con l’ideale di comunione e unità del popolo americano. Bruce si è recato domenica scorsa sul posto per le riprese ed è stato intimamente coinvolto nella creazione dello spot, lavorando a stretto contatto con il regista Thom Zimny. “Una volta che Oliver ci ha portato questa grande idea iniziale – ha raccontato Landau- è diventato un film di Bruce. Il nostro team al completo ci ha lavorato: il regista Thom Zimny, il direttore della fotografia Joe di Salvo, il produttore musicale Ron Aniello e Bruce che ha riscritto il testo personalmente. Il processo è stato identico al modo in cui lavoriamo su un disco o su un film. Alla fine, Bruce ha controllato ogni secondo ciò che vedi e ascolti, ed è per questo che il filmato sembra così personale. Perché effettivamente lo è.”
“Sì, prende una posizione- ha aggiunto Francois – ma prende una posizione centrale. Non è liberale. Non è repubblicano. È qualcosa di non politico quello che sta cercando di difendere: il terreno comune”. Da quando è stato pubblicato su YouTube domenica mattina, l’annuncio è stato visualizzato circa 24 milioni di volte, circa quattro volte di più rispetto alle visualizzazioni di altri annunci del Super Bowl. E se l’”annuncio” diventa un “messaggio” o addirittura un “appello”… beh, allora al diavolo, forse non è il caso di essere troppo severi.