Il 16 agosto del 1977 moriva a Memphis Elvis Presley. Cosa è stato e tuttora rappresenta The King per il mondo musicale e in particolare per la cultura del rock’nd roll si è scritto e si è detto a fiume: riconosciuto come uno dei più celebri cantanti di tutti i tempi, fonte di ispirazione per musicisti e cantanti, Elvis divenne una vera e propria icona della cultura pop del XX secolo, tant’è che a distanza di trentacinque anni dalla sua morte, il suo mito e la sua leggenda non sono minimamente scalfiti. L’influenza che ebbe The Pelvis su Bruce Springsteen fu determinante. Per spiegarlo, riportiamo le parole che lo stesso Bruce ha pronunciato durante il Keynote Speech al Convention Center di Austin in Texas il 15 marzo del 2012. Un lungo discorso di una cinquantina di minuti, in cui Bruce ha raccontato a chi e a cosa deve la sua passione e la sua decisione di imbracciare, sin da giovanissimo, la chitarra per dedicare la sua vita alla musica.
“All’inizio, ogni musicista vive il suo momento di genesi. Per voi potrebbero essere stati i Sex Pistols, o Madonna, o i Public Enemy. Qualunque cosa vi abbia fornito la spinta iniziale per l’azione. Per me è stato il 1956, Elvis e l’Ed Sullivan Show. Fu la sera in cui capii che anche un bianco poteva creare qualcosa di magico, che non era inevitabile finire condizionati e limitati dall’ambiente in cui si cresceva, dal proprio aspetto, o da un contesto sociale opprimente. Era possibile evocare il potere della propria immaginazione e trasformare il proprio io. E parlo di un ben preciso tipo di trasformazione, la trasformazione in un nuovo io che in qualunque altro momento della storia americana sarebbe sembrato difficile creare, se non impossibile. Ai miei figli dico sempre che hanno avuto fortuna a nascere nell’era della riproducibilità tecnologica, altrimenti loro vivrebbero nel retro di un furgone e io avrei in testa un cappello da giullare.
È tutta questione di tempismo. L’avvento della televisione negli anni Cinquanta, con la sua diffusione dell’informazione visiva, ha cambiato il mondo proprio come internet ha fatto negli ultimi venti anni. Badate bene, non era solo l’aspetto di Elvis, ma era il modo in cui si muoveva a far impazzire la gente, a farla infuriare, a portarla a picchi di estasi urlante o di sdegno scandalizzato. Merito della televisione.
Tentarono anche di censurarlo dalla vita in giù, perché si riusciva a vedere quel che gli succedeva nei pantaloni. Elvis è stato il primo uomo moderno del Ventesimo secolo, il precursore della rivoluzione sessuale, della rivoluzione dei diritti civili, figlio della stessa Memphis di Martin Luther King, creatore di un’arte fondamentale e outsider che sarebbe stata accolta nella cultura popolare mainstream.
Elvis e la televisione ci hanno dato pieno accesso a un linguaggio nuovo, a una nuova forma di comunicazione, un nuovo modo d’essere, un nuovo modo di apparire, un nuovo modo di pensare: al sesso, alla razza, all’identità, alla vita; un nuovo modo di essere americani, di essere umani; e un nuovo modo di ascoltare musica. Non appena Elvis si diffuse nell’etere, non appena tutti ebbero modo di sentirlo e vederlo in azione, fu impossibile rimettere il genio nella lampada. Da quel momento la distinzione divenne chiara: di là il passato, di qua il presente, e proprio davanti ai vostri occhi un futuro che veniva forgiato al calore bianco del rockabilly. Per cui, una settimana dopo, ispirato dalla passione nei pantaloni di Elvis, le mie piccole dita di seienne si aggrapparono per la prima volta al manico di una chitarra noleggiata da Mike Deal’s Music di Freehold, New Jersey. Ma erano troppo piccole, le mie dita. Un fallimento con la F maiuscola. E allora mi limitai a battere sulla chitarra con la mano. Battevo, battevo… davanti allo specchio, ovviamente. Lo faccio ancora. Voi no? Dai, su, bisogna sempre tener d’occhio come ci si muove. È vero o no?
Ma prima ancora di Elvis, il mio mondo aveva già iniziato a prender forma grazie alla radiolina con altoparlante mono da sei pollici che stava in cima al nostro frigo. Mia madre adorava la musica, e ci ha cresciuti a suon di pop radiofonico. E così, ogni mattina, tra le otto e le otto e mezza, mentre seppellivo di zucchero i miei Sugar Pops, la radio sussurrava doo-wop e pop delle origini nelle mie giovani e impressionabili orecchie. Il doo-wop, la musica più sensuale mai composta, il suono del sesso grezzo, delle calze di seta che sfregano sulle fodere dei sedili posteriori, il suono di reggiseni slacciati all’unisono in tutti gli Stati Uniti, di suadenti bugie sussurrate in orecchie profumate di Tabu, il suono dei rossetti sbavati, dei lembi di camicia tirati fuori dai pantaloni, del mascara che cola, delle lacrime sul tuo cuscino, dei segreti mormorati nella quiete della notte, sulle gradinate dei campetti, nelle mense buie dei dormitori studenteschi.
La colonna sonora delle vostre incredibili, meravigliose camminate notturne di ritorno a casa dopo il ballo, chiappe indolenzite e palle gonfie da scoppiare, ma oh! Era un dolore così bello.
Tra la fine degli anni cinquanta e l’inizio dei sessanta, il doo-wop sgorgava dalle radio fin dentro le stazioni di servizio, le fabbriche, le strade, le sale da biliardo… i templi della vita e del mistero nella mia cittadina. E regolarmente venivo rapito dalla sua semplice progressione di accordi”.
Tutti i fans di Springsteen conoscono l’aneddoto del “salto del muro”. Bruce era in pieno successo “Born To Run”, quando una notte decise di farsi portare da un taxi a Graceland, fuori la abitazione del suo massimo idolo. Notando una luce proveniente dall’interno della villa, Bruce non ci pensò due volte: scavalcò il muro di recinzione e corse dritto verso la porta. Solo al momento di bussare, gli venne il dubbio: “E’ qui che abita Elvis?” chiese. Gli risposero che al momento Elvis era a Lake Tahoe. Bruce pensò si trattasse di depistaggio e cercò a quel punto di conquistare le guardie facendosi riconoscere come quel ragazzo ritratto sulle copertine del Time e del Newsweek, ma fu tutto inutile e fu cortesemente scortato fino all’uscita. “It wasn’t a good night!” ricordò in seguito Bruce, commentando scherzosamente l’episodio. Tuttavia quella sera Springsteen, amareggiato per l’insuccesso della sua iniziativa, tornato a casa scrisse di getto Fire con l’intenzione di regalarla a Presley. Beh! Non tutti i mali vengono per nuocere…Landau successivamente inviò una demo ai produttori di Elvis, ma senza riscontri. Poi la canzone ha avuto il giusto successo che meritava e che conosciamo… Bruce e Steve Van Zandt riuscirono poi ad incontrare Elvis il 28 maggio 1977, nel backstage dopo lo show di Presley a Filadelfia.
L’episodio della folle intromissione a casa Presley (del quale esistono varie versioni) fu narrato dallo stesso Bruce anni dopo durante un concerto: “In seguito mi sono spesso chiesto cosa avrei detto se, una volta bussato alla porta, Elvis mi avesse aperto. Perché forse non era Elvis che volevo vedere, ma era come se una voce me lo avesse sussurrato all’orecchio, come un sogno che tutti sogniamo. E forse è questo il motivo per cui siamo qui stasera, non so. Ricordo che quando un mio amico mi chiamò per dirmi che Elvis era morto, non riuscivo a spiegarmi come qualcuno la cui musica era riuscita a sconfiggere in così tanta gente il senso di solitudine, indicando una ragione e un senso per cui vivere, potesse morire così tragicamente. Ma penso che quando sei solo, non sei nient’altro che solo.
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Quando morì Elvis, per Bruce, come per tutto il mondo musicale, fu un vero e proprio shock: “Non potevo immaginare che quel ragazzo potesse morire. Era così incredibilmente importante per me, per andare avanti e per fare quello che ero determinato a fare. Quando appresi la notizia, fu come se qualcuno avesse portato via una parte di me. Non era un primitivo, come la gente pensa. Era un artista ed era l’essenza dell’artista. Sul palco, comprendeva tutto — rideva al mondo e rideva di se stesso, ma allo stesso tempo, faceva terribilmente sul serio.
Per me, era grande come il paese stesso, grande come l’intero sogno. Lui incarna l’essenza del sogno e la lotta necessaria per realizzarlo”.
Ci sono stati molti ragazzi in gamba, molti pretendenti, ma c’è stato un solo re. (Bruce Springsteen)
Bruce canta Elvis
Il seguente elenco di canzoni di Elvis, eseguite dal vivo da Bruce, è riportato in ordine cronologico, secondo l’anno di uscita dei singoli originali:
- Good Rockin’ Tonight – 1954 (Roy Brown)
- Mystery Train – 1955 (Junior Parker/Sam Phillips)
- Heartbreak Hotel – 1956 (Tommy Durden/Mae Axton)
- Blue Suede Shoes – 1956 (Carl Perkins)
- Don’t Be Cruel – 1956 (Otis Blackwell/Presley)
- Hound Dog – 1956 (Jerry Lieber/Mike Stoller)
- Shake, Rattle And Roll – 1956 (Jesse Stone, A.K.A., Charles E. Calhoun)
- Love Me Tender – 1956
- All Shook Up – 1957 (Otis Blackwell/Presley)
- Jailhouse Rock – 1957 (Jerry Lieber/Mike Stoller)
- Wear My Ring Around Your Neck – 1958 (Carrol/Moody)
- Little Sister – 1961 (Doc Pomus/Mort Shuman)
- Can’t Help Falling In Love – 1961 (George Weiss/Hugo Peretti/Luigi Creatore)
- Follow That Dream – 1961 (Ben Weisman/Fred Wise) Bruce ha preso spunto dall’originale e ha riscritto testo e musica
- Viva Las Vegas – 1964 (Doc Pomus/Mort Shuman)
- Ain’t That Lovin’ You Baby – 1964 (Ivory Joe Hunter/Clyde Otis)
- Blue Christmas – 1964 (Billy Hayes/Jay W. Johnson)
- Suspicious Minds – 1969 (Mark James, A.K.A., Francis Zambon)
- Merry Christmas Baby – 1971 (Lou Baxter/Johnny Moore)
- Burning Love – 1972 (Dennis Linde)
remember Elvis