Sembrava che ormai la musica che fino alla metà degli anni ’80 si poteva ascoltare per lo più attraverso il nastro magnetico delle musicassette e i dischi in vinili, fosse bella e sepolta. L’ascolto della musica pareva essersi incanalato in quel percorso irreversibile che avrebbe consentito, nell’arco di pochi anni, a ognuno di noi di fruirne attraverso molteplici dispositivi elettronici che con estrema semplicità troviamo in commercio. Negli ultimi 35 anni siamo passati dai compact disc (CD) al formato audio compresso MP3, fino all’ascolto e all’acquisto su Internet. Vero anche che la diffusione del formato digitale ha favorito, di conseguenza, lo spirito di condivisione e pubblicizzazione della musica, trasformando il nostro tempo libero in una dimensione che oggi definiamo social. Si può però intuire come il cambiamento della modalità di riproduzione e condivisione della musica abbia ridotto drasticamente il numero di negozi musicali, consentendo agli store online di prendere il sopravvento. Basti pensare che diverse piattaforme, come ITUNES, Spotify e YouTube, consentono di acquistare musica o di usufruirne gratuitamente direttamente dal proprio smartphone. Molti, soprattutto i giovani, credono che le componenti audio dei cellulari siano di alta qualità senza rendersi conto che sono strumenti di livello inferiore che riproducono musica a bassa definizione. Ed ecco che la comodità di avere migliaia di brani nello smartphone o nel minuscolo lettore mp3 sempre a portata di mano, con la facilità di trovare ed ascoltare qualsiasi canzone ci passi per la testa, ci sta tutto sommato annoiando… forse abbiamo bisogno di tornare al passato e alla sua materialità. Certo, il vinile non è l’ideale per gli appassionati di alta fedeltà o i fruitori assidui di generi musicali che richiedono un livello di dettaglio sonoro assoluto.
Tuttavia il fascino del “ritorno al futuro” – con il recupero di quella sorta di rito che coinvolgeva tutti i cinque sensi – sembra stia diventando sempre più una necessità tangibile e desiderabile. Chi di noi, più avanti negli anni, non ricorda quell’emozionato taglio della confezione in cellophane, l’illusoria sensazione di un inebriante “profumo” di vinile mescolato a quello del giradischi? Chi non è rimasto in contemplazione davanti alle meravigliose copertine illustrate di cartone, ascoltando quelle note delicatamente “sporcate” dai fruscii della puntina nei solchi? Guardare il disco girare sul piatto e ascoltare le piccole imperfezioni del suono è un’esperienza che molti giovani stanno riscoprendo. Il ritorno al long playing 33 giri sta diventando un’esigenza delle case discografiche per combattere la pirateria e tornare a vendere la musica anche in negozio. Da qualche anno a questa parte tutti, o quasi, gli autori contemporanei producono i loro album anche in pvc. Per la prima volta in 34 anni, quest’anno addirittura la vendita del vinile ha superato quella del cd, andando a costituire il 62% dei ricavi totali del settore fisico dell’industria musicale. Nonostante gli ostacoli che l’industria musicale ha dovuto affrontare a causa della pandemia, il nuovo rapporto della Recording Industry Association of America ha evidenziato come nei primi sei mesi del 2020 abbiamo portato solo 130 milioni di dollari del mercato musicale, mentreil vinile abbia raggiunto quasi il doppio della vendita con i suoi 232 milioni. Il vinile finalmente is back!