La tappa europea del The River Tour nel 1981 è un capitolo fondamentale nella carriera di Springsteen, e i sei concerti alla Wembley Arena ne rappresentano senza dubbio il culmine. Il live rilasciato dagli Archives questo mese è London 6/4/81, ovvero il quinto straordinario show che si tenne nella capitale inglese. La setlist presenta differenze importanti rispetto alla serata finale – che abbiamo già pubblicato in precedenza- come “The Ties That Bind”, “Jackson Cage”, “Racing in the Street” e “Backstreets”, oltre alle nuovissime aggiunte di “Trapped” (suonata appena per la quarta volta), “Follow That Dream” e “Johnny Bye Bye”. Il set di 27 canzoni si conclude con un’epica “Detroit Medley” di 15 minuti. Riportiamo a seguire il bellissimo racconto dell’archivista Erik Flannigan che descrive brano dopo brano, emozione per emozione, tutta la grandiosità di questo show e del mix pubblicato.
It Takes One To Dream, But It Takes Two To Make A Dream Come True di Erik Flannigan
Quando il The River tour prese il via all’inizio di ottobre 1980, Bruce Springsteen era in giro già da quasi due anni, fatta eccezione per i concerti dei No Nukes. Quell’autunno Bruce aveva 20 nuove canzoni di The River in mano; non sorprende tuttavia che le scalette di Springsteen siano andate mano a mano allungandosi per accogliere sempre più materiale nuovo e difìverso. Alla fine di dicembre, gli spettacoli di The River cominciavano ad avvicinarsi alle tre ore e mezza. Dopo il picco di durata toccato con il concerto della vigilia di capodanno del 1980, il The River Tour riprese all’inizio del 1981 cominciando a snellirsi, con una riduzione anche in setlist del numero di brani tratti dall’album doppio. Quando Springsteen arrivò in Europa ad aprile, la serata di apertura ad Amburgo comprendeva 24 canzoni, molto al di sotto dei 38 brani dell’apice di Capodanno. Con il procedere del tour europeo, il tono degli spettacoli iniziò ad affinarsi, come probabile esito del confronto di Bruce con la vita e la cultura al di fuori degli Stati Uniti. I libri che Bruce stava leggendo (tra cui A People’s History of the United States di Howard Zinn e Elvis ’56: In the Beginning (An Intimate, Eyewitness Photo-Journal) di Alfred Wertheimer) plasmarono non poco la sua visione creativa. Come aveva fatto per la prima volta con l’inclusione di “This Land Is Your Land” al Nassau Coliseum a dicembre, Springsteen cominciava a mettere in discussione l’idealismo e le convinzioni americane di fronte ai fan in Europa che non condividevano necessariamente gli stessi valori o background. Inoltre, a tutti gli effetti, il pubblico europeo non lo aveva mai visto esibirsi prima e non aveva storia se non il presente. Il risultato fu il Bruce Springsteen più serio che sia mai salito sul palco. Il cambiamento in Europa ’81 si manifestò anche attraverso l’inclusione di nuovo materiale. Il primo fu “Follow That Dream” a Parigi; “Run Through the Jungle” a Rotterdam, “Johnny Bye-Bye” a Manchester; e infine “Trapped” a Londra. Tre di queste quattro straordinarie canzoni sono incluse in London 6/4/81, il quinto dello stand di sei notti a Wembley, che presenta cinque tracce non presenti nel live del 6/5/81 precedentemente pubblicato dagli Archives. Le registrazioni multitraccia degli ultimi tre spettacoli londinesi sono gli unici documenti professionali sopravvissuti che catturano lo spirito distintivo e illuminante di Europe ’81.
Lo spettacolo inizia alla grande con il trio di “Prove It All Night”, “The Ties That Bind” e “Out in the Street”, in un nuovo nitido mix di Jon Altschiller che pone l’ascoltatore in una posizione quasi intima per questa performance profondamente personale. Segue un duo straordinario. Presentata semplicemente come “una canzone che era stata originariamente composta da Elvis Presley”, “Follow That Dream” viene eseguita in un nuovo struggente arrangiamento, che si rifà un po’ alla versione originale di Presley e un po’ a “In Dreams” di Roy Orbison, il tutto alla luce della mediazione sulla fede propria di Bruce. L’accompagnamento della E Street Band è essenziale, con il pianoforte e il sintetizzatore di Roy Bittan che accentuano in modo toccante la voce di Springsteen. Se una canzone riassume il suono di Europe ’81, è sicuramente “Follow That Dream”. Dalla canzone di Elvis a un tributo riflessivo: “Johnny Bye-Bye” viene eseguito con un supporto magnifico dalla E Street Band che accompagna la voce profonda e sincera di Bruce. Prima di iniziare a cantare, Springsteen parla del citato libro Elvis ’56: “Quando lo guardi, quando era giovane, sembrava sempre così sicuro di sé. Sembrava avesse un segreto che non stava rivelando a nessuno”. Sono parole che potrebbero adattarsi perfettamente a Bruce stesso. Il suono della chitarra è così chiaro prima dell’inizio di “Jackson Cage” che sembra avere un amplificatore per chitarra segreto nascosto nella stanza. Suonata su richiesta, può essere considerata la migliore versione live di “Jackson Cage” mai sentita ed è la prima del The River tour ad apparire nella serie Live Archive. Le voci di Bruce e Stevie Van Zandt sono al massimo e il finale della canzone è particolarmente gustoso.
La performance di “Trapped” è solo la quarta in assoluto, poiché la rielaborazione di Bruce dell’originale di Jimmy Cliff aveva debuttato proprio la prima notte a Wembley. Queste prime versioni sono comunque già perfette e un articolo di Rolling Stone dell’agosto 1981 la definì “una nuova scintillante canzone… rielaborata nella modalità bruciante di Darkness on the Edge of Town“. L’accoglienza del pubblico per “Trapped” fu immensa. Il primo set continua, con “Two Hearts”, “The Promised Land” e “The River”. Alla fine di “The River”, i riflettori si spostano su Roy Bittan per la sua introduzione da brividi di “C’era una volta il West” a “Badlands”. Stupefacente è l’interazione tra Bruce e Stevie sul “Poor man wanna be rich, rich man wanna be king.” Una calorosa “Thunder Road” chiude questo impareggiabile set di apertura. Se non si è stati abbastanza fortunati da vedere uno spettacolo nell’”era dell’intervallo”, provate ad immaginare come si è sentito il pubblico della Wembley Arena quando Bruce annunciò: “Ci prenderemo una breve pausa e torneremo a scuoterti per tutta… notte… per tutta la notte”. Il secondo set si apre con una deliziosa “You Can Look (But You Better Not Touch)” che mostra ancora una volta l’abilità di Van Zandt nei cori. Il divertimento si estende a “Cadillac Ranch”, “Sherry Darling” e “Hungry Heart”. Sull’ultimo di questi, i fedeli di Wembley cantano in modo impressionante la prima strofa, forse attingendo dall’esperienza dai canti nei campi di calcio. “Fire” e una devastante “Because the Night” sono versioni esemplari che si collocano tra le migliori di quest’epoca. Lo stesso si può dire per i due classici che seguono, nessuno dei quali è apparso nella precedente versione di Wembley. Springsteen canta “Racing in the Street” con una magnifica essenzialità, accompagnato dal modo di suonare espressivo e potente di Bittan. Ho sempre pensato che il suo lavoro in “Racing” fosse ciò che ha portato Mark Knopfler a invitarlo a suonare nel capolavoro dei Dire Straits Making Movies. L’outro di “Racing” qui è sublime. “Backstreets” nel The River Tour vanta una sorprendente introduzione strumentale della durata di un minuto, prima che inizi il familiare ritornello al pianoforte e si arrivi al memorabile verso di apertura di Bruce. L’organo di Danny Federici si sente nel mix in modo eccellente per tutta la traccia, bilanciando il continuo virtuosismo di Bittan. “Ramrod” arriva per incoraggiare i nostri spiriti e “Rosalita” è dirompente [Clarence canta le battute di apertura di “Stagger Lee” di Lloyd Price come introduzione al brano]. Il bis può sembrare tradizionale, ma come il resto del 4/6/81 diventa un momento di eccellenza. Fantastico quando la voce di Bruce si alza alla fine di “Born to Run” su “Oh, oh, OH, OH, OH-OH-OH”. Nell’ultima canzone della serata, “Detroit Medley”, Springsteen annuncia al pubblico che ha finito il carburante, con grande sgomento di The Big Man, salvo poi fare il solito chilometro in più per deviare a Memphis, con un tour de force di oltre 15 minuti con “Shake” e “Sweet Soul Music”. “Spotlight on me”, grida Springsteen alla fine di “Sweet Soul Music”, prendendo il suo posto nell’elenco delle leggende della musica i cui nomi compaiono nel testo della canzone. Dopo questa magistrale esibizione di Wembley il 4 giugno 1981, Bruce ne fa parte di diritto.
A seguire, riportiamo anche un ricordo particolare di quella serata di Dave Edmunds:
“Era il 4 luglio 1981. Non ero nella lista degli invitati o altro, ma con il mio buon amico, Roger Scott il DJ di Capital Radio, parcheggiammo allo stadio di Wembley, a Londra. Prendendo un respiro profondo, attraversammo la folla nell'”all access” di Roger per vedere Bruce Springsteen e la sua E Street Band suonare lo straordinario ed esaltante set di oltre tre ore ben al di sopra delle aspettative. Mentre ci trascinavamo all’uscita tra le mandrie di migliaia di stremati adoratori di Bruce, sentii una presa salda sulla mia spalla: “Bruce vuole vederti!”. Quella presa salda apparteneva a un ragazzo della “sicurezza” massiccio e pesantemente tatuato con un intenso accento del New Jersey che stava urlando nella sua radio CB: “L’HO TROVATO!”. Non avevo mai incontrato Bruce Springsteen prima e non avevo idea di cosa sapesse di me (tranne, forse, per la mia registrazione di “I Hear You Knocking” e poco altro). Come faceva a sapere che ero al concerto? L’addetto alla sicurezza mi condusse attraverso il backstage fino al camerino di Bruce, dove era seduto da solo. Facendo attenzione a non non dire stupidaggini, “Grande spettacolo, amico!”, e prima che uno di noi due potesse dire qualcosa, una rumorosa E Street Band si fece strada verso l’area ospiti: “Ciao Dave, adoro i tuoi dischi!” E “Ciao Dave, sei fantastico, amico!” … e così via. E se ne andarono. Parlammo, non ricordo di cosa. Mi chiese se stavamo registrando e risposi di no. “Hai qualcosa?” Imbracciò la sua Fender Esquire e spiegò: “È come una cosa di Chuck Berry che racconta la stessa storia senza ripetere nessuno dei testi precedenti, come The Promised Land”. E suonò “From Small Things Mama Good Things One Day Come” dall’inizio alla fine. Era perfetto per me! “È tua, amico!” Non aveva registrato la canzone, ma mi promise che avrebbe preparato una cassetta con solo chitarra e voce per me! “Dammi un paio di settimane” disse e avrei potuta ritirarla nell’ufficio del suo manager, a New York. In tali incontri, tali promesse possono svanire prima che tu lasci la stanza. Per come sono andate le cose, dovevo essere a New York qualche settimana dopo, e fu così. Andai nell’ufficio del suo manager e c’era una cassetta della canzone di Bruce, con il mio nome sopra, che mi aspettava. Questa è classe. Sei mesi dopo, a metà di un tour negli Stati Uniti con la mia band, suonavo al Peppermint Lounge di Manhattan. Bruce si presentò, senza preavviso e solo, ma con la sua Fender Esquire. Fu bello vederlo. Aspettò pazientemente nel camerino fino alla fine del mio set, e poi (sebbene il pubblico sapesse che qualcosa stava per succedere)salì sul palco…puoi immaginare. Suonammo un sacco di canzoni di Chuck Berry e concludemmo con “Small Things”. Quindi, le cose belle un giorno arriveranno”.
SETLIST
- Prove It All Night
- The Ties That Bind
- Out in the Street
- Darkness On The Edge Of Town
- Follow That Dream
- Johnny Bye-Bye
- Jackson Cage
- Trapped
- Two Hearts
- The Promised Land
- This Land is Your Land
- The River
- Badlands
- Thunder Road
- You Can Look (But You Better Not Touch)
- Cadillac Ranch
- Sherry Darling
- Hungry Heart
- Fire
- Because the Night
- Racing in the Street
- Backstreets
- Ramrod
- Rosalita (Come Out Tonight)
- Jungleland
- Born To Run
- Detroit Medley
great event