Un tempo c’erano le file fuori le biglietterie, che iniziavano anche due notti prima (sempre rigorosamente di notte!), con i fogli-lista, gli appelli, le attese, le birre, le risate, il sonno condiviso nei sacchi a pelo sui marciapiedi, le solite pipì dietro l’angolo, i passanti curiosi ai quali si rispondeva in coro e sempre più numerosi “E’ per il concerto del Boss”; e ancora, le figuracce sul posto di lavoro, le amicizie strette lì per lì e che poi ti saresti portato avanti negli anni, l’emozione della serranda finalmente aperta, il magico tremore dell’ora- tocca–a- me, del chissà se in tutto questo c’è ancora il prato…e finalmente l’euforia finale, la pacca sulla spalla all’uscita di chi è ancora lì in attesa e che gode (sinceramente?) per te, la meditazione estatica dei biglietti per i primi 20 minuti e poi la corsa a casa perché “guai a tenerseli addosso!”.
Riposto il biglietto nel reliquiario, solo allora partiva il vero e proprio conto alla rovescia, che scaramanticamente avevamo rinviato dall’istante dell’acquisizione della notizia a quello dell’acquisto del biglietto: via libera ai sogni, all’immaginazione, all’organizzazione delle trasferte, al training mentale e psichico… Bastava attendere soltanto sette mesi…che sarà mai? Quasi una gravidanza.
Adesso è un bel po’ diverso. Adesso il rituale dell’acquisto si consuma nell’arco di qualche ora o addirittura qualche minuto, in uno stato di trance adrenalinica che ti fa perdere la cognizione del dove sei, da quanto ci sei, se ci sei o ci fai. Ti genufletti sulla linea di partenza, ovvero ti collochi davanti al computer, in netto anticipo rispetto all’ora X . Controlli cavi, connessione, ti registri sul sito, prepari la carta di credito, verifichi (oh mio dio!) la scadenza, ti stiri la schiena, fai schioccare le nocche delle dita in segno di intimidazione e resti in posizione di all’erta fino a qualche istante prima dello start… Tu, solo/a dentro la stanza e tutto il mondo fuori… Da quel momento comunicherai ESCLUSIVAMENTE attraverso cellulare e telefono fisso, posizionati lì accanto, pronti ad intercettare ESCLUSIVAMENTE sorti e notizie da altri combattenti come te. Respiro profondo. VIAAAA!
Istantaneamente, perdi la cognizione del tempo, del numero di tentativi, delle imprecazioni che come ne “L’esorcista” vomiti dalla bocca senza neanche che te ne renda conto, delle urla ai figli che, sebbene opportunamente preparati, continuano a bussarti alla porta chiedendo “tutto bene? ce l’hai fatta?” (E’ qualche anno che penso che in occasioni del genere dovrei avvertire l’intero condominio, con un bel cartello nell’androne dello stabile, scusandomi preventivamente degli eventuali disagi provocati in data X).
Quel “ce l’hai fatta?” sarà la tua ossessione fino a transazione avvenuta. Dopodiché, ti stenderai sul letto a guardare il soffitto, con il “SI’,CE L’HO FATTA!!” che ti rimbomba nelle orecchie, l’acido lattico ai polpastrelli delle dita, in pieno stato catatonico, attendendo serenamente che da un momento all’altro sopraggiunga l’ictus.
E poi l’attesa del corriere. Può durare un paio di giorni, o qualche giorno in più rispetto a qualcuno dei tuoi amici che li ha già ricevuti e vai in agitazione per nulla, perché non ti sembra possibile che possa filare tutto liscio. Giusto il tempo di rompere le palle alla “signorina” di Ticketone per chiedere perché cz non ti sono ancora arrivati i biglietti e farti mandare a cagare con garbo e professionalità, che bussa IL CORRIERE ( il corriere più bello del mondo) che ti consegna LA BUSTA (la busta più bella del mondo). Godi, ma proprio tanto, e chiudi il girone infernale con un sospiro di sollievo che ti svuota i polmoni. Poi, finalmente può partire il conto alla rovescia…
Meno poesia? Meno romanticismo? Beh, senz’altro rispetto a qualche annetto fa. Soli versus computer, anziché all together su una backstreet deserta di una città notturna. Rituali persi, sostituiti irreversibilmente da altri, senza dubbio più pratici e veloci, ma anche più freddi e meccanici: è definitivamente svanito un “preliminare” importante, quello del ritrovarsi tutti insieme accomunati da adrenalina ed emozione sotto la stessa bandiera. Ci si stancava, assai, ma ci si divertiva. Cavolo, se ci si divertiva! Vabbé, è anche vero che il tutto è solo rimandato a qualche mese dopo, a quando ci si metterà in fila per il braccialetto del pit…e quello è un altro capitolo.
Ancora una considerazione riguardo il biglietto, un ultimo nostalgico amarcord…vi ricordate i biglietti di una volta? Belli, vero? Immaginette sacre con l’icona di Bruce, solo o in compagnia della E-Street Band, che quando passavi ai tornelli supplicavi la Security di “strappare con rispetto”. Certo… mai stati dei capolavori di grafica, ma ogni biglietto –in b/n o a colori che fosse- raccontava di quello specifico spettacolo, come un piccolo poster in miniatura che per tutti noi feticisti valeva la pena incorniciare. E poi c’era sempre il sogno di avere un bell’autografo di tutti i componenti della band (siii, magari!!), ognuno sull’immagine che lo ritrae! (siii, figurati!!!), come si sognava da piccoli sulla foto della squadra del cuore. Adesso i biglietti sono tutti uguali, asettici, senza immagini, nessun segno distintivo a parte la data. Poco più di un tagliando del pullman che se ti trovi a farlo autografare ti senti pure mortificato e chiedi scusa! Diciamolo: un vero squallore! Eppure, sig. Trotta, con quello che incassa la Barley Arts, perché non concedersi un grafico, anche di medio livello? Semmai solo per i concerti importanti (chesso’, per un tal Bruce Springsteen e la sua benedetta band) e se ha bisogno di qualche immagine di riferimento, Gliela possiamo spedire noi che siamo in tanti, appassionati, maniaci e che Le vogliamo tanto bene (“la nostra faccia sotto i tuoi piedi, senza chiederti nemmeno di stare fermo, puoi muoverti quanto ti pare e piace e noi zitti sotto…”) ma che senza dubbio meritiamo qualcosa di più…fosse solo per quel che Le fruttiamo!
Vissuto tutte le difficoltà per avere biglietti dal 1991 a oggi. Preferisco oggi.
sparita tutta la magia