In attesa del nuovo album “Western Stars” previsto per il 14 giugno, Bruce Springsteen ha già rivelato alcuni informazioni importanti sui suoi futuri progetti che, stavolta, includono anche la E Street Band: nuovo album e nuovo tour, formazione al completo. Ne ha parlato ai Raleigh Studios di Hollywood ieri sera 5 maggio, durante una conversazione con Martin Scorsese organizzata da Netflix, relativa a “Springsteen on Broadway”, il docufilm tratto dal suo recente spettacolo al Walter Kerr Theatre di Broadway, premiato con uno Special Tony Award e disponibile su Netflix dal 15 dicembre 2018.
Bruce e Scorsese si erano incontrati per la prima volta nel 1975 quando il regista insieme a Robert De Niro si recò a uno spettacolo di Bruce al Roxy di Los Angeles.* La loro è stata una chiacchierata interessante durante la quale sono emersi pensieri personali, ricordi, battute divertenti e particolari sui futuri progetti del Boss. Tra questi, l’annuncio che più attendevano i fans: ci sarà un altro tour con la E Street Band.
“Ho passato circa sette anni in cui non riuscivo a scrivere nulla per la band”, confessa Springsteen “E poi circa un mese fa, ho cominciato a farlo, e ho scritto materiale per quasi un intero album per la band. E’ venuto fuori da solo… Voglio dire, so da dove è uscito, ma allo stesso tempo, è venuto fuori quasi dal nulla. Ho avuto quasi due settimane intense di ispirazione ed è stato bellissimo. Ti rende felice. Ti dici, ‘Va bene, non sono andato.’ Ci sarà un altro tour.”
La notizia ha suscitato l’immediato entusiasmo delle 200 persone presenti, che hanno anche assistito a una performance di due canzoni di “Dancing In the Dark” e “Land of Hope and Dreams”.
Ecco altri punti salienti della conversazione,:
[A proposito della scuola cattolica che sia Springsteen che Scorsese hanno frequentato da ragazzi]. “Tutto il mio lavoro è stato informato dagli anni trascorsi alla scuola cattolica e non sono mai riuscito a superarlo. Crescendo mi sono arreso e ho smesso di combatterlo. Ora ne parlo e mi diverto. Anzi, non c’è niente di meglio dell’attingere dai miti del cattolicesimo: redenzione, dannazione, morte, torture sessuali… La fede che ho ricevuto da bambino credo fosse molto basata essenzialmente sulla paura. Sei in seconda elementare, quindi hai sette anni e, stai facendo la tua prima confessione. Che cosa devi confessare? Ho dovuto inventare. Entri in quel confessionale buio e confessi, presumibilmente, i tuoi segreti più profondi … Invecchiando, se va bene, si trasforma e scopri una fede che si basa sull’amore … Il disco Nebraska è stato molto influenzato da Flannery O’ Connor e le sue storie erano sempre basate sull’impenetrabilità di Dio. Penso che quando si invecchia, è quello con cui ti senti a tuo agio: la fede è fede. È fiducia. Riguarda tutti i misteri e le risposte che non riuscirai a trovare … Ma se ti abbandoni ad essa, trovi un po’ di pace. Questo è quello che comunque ho trovato. “
[…] “Sono attratto dalla mia chiesa. Ho partecipato a un funerale di una persona che non conoscevo un mese fa. Stavo guidando dalle parti della chiesa e ho visto che la porta era aperta e ho detto, ‘Devo entrare. Devo tornare indietro.’ Sono entrato e c’erano i funerali di un tipo simpatico e mi sono seduto nella parte posteriore ed è stato completamente bizzarro.”
[…] “Se sei un artista, l’oscurità è sempre più interessante della luce. È bello quando fai entrare la luce alla fine di qualcosa, ma io ho sempre cercato di capire quali fossero le cose che non andavano bene”. “Avevo un’abitudine: tornare alla mia città natale chiedendomi sempre ‘per cosa sto tornando qui?’. E lo faccio ancora. Ho quasi 70 anni … Non so se torno per sistemare cose che sono andate storte, o se perché è successo così tanto che ha formato il tuo lavoro e la tua vita, ma la mia città natale rimane comunque un luogo ricco. Ho sempre desiderato far partire il mio lavoro dal lato oscuro delle cose per poi arrivare alla luce ….
[…] Gli artisti risultano interessanti… pensa a Hank Williams o Elvis o Frank Sinatra o Bob Dylan o Marty Scorsese, è quel qualcosa che ci inquieta di loro che ci attrae. Ecco perché puoi guardare il volto di Bob De Niro sullo schermo per due ore. Non nasconde mai i suoi segreti. Non penso che ci sia necessariamente una risposta. Ma potrai sempre continuare a farti domande su quello che fai e quelle domande sono affascinanti perché ti avvicinano a un certo tipo di verità. E questo è il meglio che tu possa fare. “
[…] “Da bambino si fanno brevi preghiere meccanicamente prima di andare a letto. Penso che man mano che cresci e trovi la forma da dare al tuo lavoro, scopri che quelle brevi preghiere ti forniscono una visione interiore e ti consentono di catturare – se sei molto, molto fortunato e bravo nel tuo lavoro – un piccolo frammento del divino. È per questo che il processo creativo non è mai stato e non verrà mai spiegato. C’è una piccola parte divina di noi stessi che si connette a qualcosa che è più grande di te e di tutti… Può palesarsi in molte, molte forme, ma ogni volta che ho scritto qualcosa di qualità, c’è sempre una piccola parte che non sono esattamente sicuro da dove venga.
[…] “Tutto [Springsteen on Broadway] è stato un po’ casuale. Il presidente Obama, nelle ultime due settimane in cui era in carica, mi chiese di andare a suonare alla Casa Bianca. Gli dissi che non avevo intenzione di portare l’intera band. Quindi, avendo scritto delle memorie, gli anticipai ‘forse leggerò un po’ il libro e suonerò alcune canzoni’. Rileggendo il libro, mi resi conto che leggere qualcosa suona diverso dal modo in cui ne parli. Così ho riscritto quello che avevo pensato di raccontare come un vero e proprio testo da raccontare. Sono andato lì e ho suonato nella East Room circa 90 minuti di quello che sarebbe diventato lo spettacolo di Broadway. Si percepiva una speciale alchimia che sembrava davvero giusta.
[Riguardo al film “Springsteen on Broadway”]. “Thom [Zimny] e Jon [Landau] discutevano sulla presenza o meno del pubblico. Inizialmente Jon aveva detto, ‘non dovrebbe esserci nessun pubblico, dovremmo solo filmarti sul palco’. [Ho obiettato] ‘Bene, chi riderà alle mie battute? Racconterò una cosa divertente e nessuno la sentirà. Non funzionerà’. Così abbiamo deciso che avremmo avuto un pubblico, ma che non lo avremmo inquadrato, che è quello che tu hai fatto in The Last Waltz. Non volevamo telegrafare al pubblico ciò che avrebbero dovuto sentire “.
[Lo Special Netflix di Springsteen si apre su un primo piano del suo viso]. “Quella è stata un’idea di Jon Landau. Non so se sia stato influenzato dal grande Comeback Special di Elvis del ’68, dove la prima cosa che vedi è il volto di Elvis, molto più bello del mio. Era un buon inizio!”.
[Sul film Springsteen on Broadway] “Devi rendere disponibile la tua vita interiore e non puoi preoccupartene. Devi essere pronto a guardare nella telecamera, che è spietata e spaventosa. Abbiamo girato due notti. E la prima notte ero davvero a disagio, il che era un po’ insolito. Sono salito sul palco e ho guardando nella telecamera, cercando di fare quello che faccio di solito ma mi rendevo conto che stavo facendo la cosa più strana che potessi fare sul palco: pensare a quello che stavo facendo. Non dovevo farlo perché sarebbe stato tutto falsato. Sono tornato il giorno dopo e ho scoperto che ero più rilassato: quando sei troppo attento, non riesci a “stare dentr”o e quando non ci sei dentro, non stai puoi trasmettere agli altri il tuo bagaglio emotivo. Ma quando rendi disponibile la tua vita emotiva e interiore, allora sei credibile. Il pubblico ti guarderà farlo perché è una grande sfida. E’ come se fossi su una corda tesa. Questa è stata la nostra più grande preoccupazione perché davanti al pubblico c’erano solo un vecchio e una chitarra acustica. Questo in definitiva è lo spettacolo”.
[Springsteen ha chiesto a Scorsese come seleziona la musica, che gioca un ruolo così fondamentale nei suoi film]. “Viene dalla mia vecchia collezione di 78 e 45 giri che ho ancora. Infatti, in Mean Streets abbiamo usato i vecchi 45 giri con i graffi. È un film che suona come la musica. Se potessi suonare musica, non dovrei fare tutto questo. “
* Robert De Niro, fan della prima ora e amico del cantante, era presente in platea durante un suo show al Roxy Theatre di West Holliwood insieme a Peter Boyle (cui Springsteen dedicherà nell’ottobre 2007 “Meeting Across The River” per quello che sarebbe stato il 72 ° compleanno dell’attore), Tatum e Ryan O’Neal e Jack Nicholson. Si annotò mentalmente lo sketch in cui Bruce si esibiva sempre prima dei bis rivolgendosi al pubblico (che lo richiamava sul palco con i consueti “Bruuuuuce”) con la frase «Are you talkin’to me?» che in seguito l’attore trasformò nel pezzo della sua interpretazione di Travis, il protagonista psicopatico di Taxi Driver, divenendo una delle più famose citazioni di film di tutti i tempi. (Cfr. P. Jappelli, G. Scognamiglio, Like A Vision. Bruce Springsteen e il Cinema, Napoli 2015). A quello stesso show era presente anche Martin Scorsese che se ne andò col desiderio di scritturare Bruce per un suo film.
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